
Appuntamento dedicato ai casi di cronaca nera dimenticati al Festival del Giornalismo di Verona 2025 quello in programma nel primo pomeriggio di sabato 15 marzo con il giornalista e la produttrice di TeleLombardia Massimo Randazzo e Simona Cascio, autori di “Crimini dimenticati”, canale YouTube e podcast che porta alla luce cold-case italiani tralasciati dai principali media, se non completamente sconosciuti.
I due ospiti hanno dialogato con la giornalista Giuliana Corsino spiegando come nascono le loro inchieste e cosa ha portato al successo di un format di docu-telling che in primo luogo nasce «per recuperare un’etica della cronaca nera e mettere al centro le famiglie delle vittime» come detto da Randazzo e Cascio. Quest’ultima aggiunge che è fastidioso «vedere la cronaca nera usata come gossip ed entertainment».
Entrambi arrivano da una esperienza televisiva che ha aiutato nello sviluppo del progetto, inizialmente partito su YouTube – piattaforma che ad oggi premia unicamente i contenuti fatti con un certo livello di qualità, spiegano i due – ma successivamente sviluppatosi anche su TikTok. «Ci siamo imposti su TikTok di mantenere la credibilità di un contenuto. È anche bello perché è meno categorico di YouTube. Le persone credono in noi, commentano intelligentemente i nostri video e sono molto preparati. Abbiamo notato che un canale come TikTok si aspetta non una location accattivante ma un contenuto vero e documentato. I follower ci aiutano anche a livello redazionale suggerendoci casi di cui occuparci, siamo a 300 ormai» dice Cascio, parlando dell’approdo sul social media cinese.
L’altro grande vantaggio del format sui social media, secondo Randazzo, è dato dall’assenza del tempo televisivo: «Non ci spaventa pubblicare puntate da 30 o 40 minuti. All’inizio ci siamo chiesti se chi ci guarda ha tutto quel tempo da impiegare, ma per noi è fondamentale per entrare nei dettagli delle storie».
Simona Cascio non nasconde che «la difficoltà è stata la prima puntata perché non avevamo un biglietto da visita da far vedere. Adesso è più semplice perché contattiamo il familiare o l’avvocato inserendo il link del canale e non c’è nessuno che si rifiuta». La modalità, inoltre, di racconto basata sui fatti, le carte processuali e le interviste ai familiari ha fatto sì che si creassero i presupposti per interlacciare rapporti speciali con questi ultimi: «Ci sono ancora persone che credono nel giornalismo e sono quelle che ci aprono le loro porte di casa» dichiara.
Una criticità che tutt’ora Randazzo e Cascio incontrano nel loro lavoro è legata alle policy sui contenuti delle piattaforme: «Molti contenuti per copyright o contenuto sono bloccati da YouTube o TikTok, ad esempio per il linguaggio o le immagini dei coltelli, costringendoci a fare ricorso. È molto più facile scrivere di stupri e omicidi su carta stampata rispetto alla comunicazione sui social. Guai a dire “suicidio” per esempio» conclude Cascio.
L’incontro con il pubblico si conclude con un augurio per il futuro da parte di Simona Cascio: «Un produttore di Netflix ci ha detto che non interessano questi crimini dimenticati. Ci auguriamo in futuro invece che trovino spazio in piattaforme di ampia diffusione».
Donato Cafarelli